Associazione DREAMTIME

La vita che ho sognato

Cos’è per te il viaggio? Perché lo fai? Da cosa scappi?”

In molti me l’hanno chiesto dietro ad uno sguardo di curiosità misto alla speranza di poter tornare a casa con un piccolo zaino di ispirazione che li spinga a trovare il coraggio di fare lo stesso, riempirlo e trasformarlo poi in una valigia ed andare via di conseguenza.

Non ho mai saputo rispondere correttamente, come se il suono delle mie parole non fosse all’altezza di quelle che fluttuano nella mia mente.

Quindi lo scrivo, o meglio, te lo descrivo.

Siediti comodo, chiudi gli occhi e libera la mente da tutte le immagini che la società infligge su di noi. Respira profondamente. Nessun obbligo, nessun appuntamento o orario da rispettare. Scordati del cellulare, scordati dell’ora.

Adesso guarda lì, di fronte a te, il paesaggio… un tramonto su una vetta di una montagna che con fatica hai scalato, un improvviso sorriso di una nonna che non conosce il tuo nome ma che ti invita a prendere un chai con in biscotti in casa sua, la spensieratezza di un bambino che ti ferma e ti chiede se quello zaino non sia troppo pesante, l’assenza di solitudine che arriva nel momento in cui rispondi “Anch’io!” ad una persona di una cultura estranea alla tua, il brivido nel lanciarsi in un ruscello ghiacciato e la tranquillità provata una volta esserne usciti, rimanere deliziati dalla melodia degli uccelli intorno a te e buttarsi nuovamente, le parole marcate di una canzone straniera cantata dietro ad un fuoco con uno sfondo troppo buio per mostrare il colore della pelle o i tratti che ci differenziano, il cielo immenso stellato ammirato nel retro di un furgone nel bel mezzo del nulla…

Adesso riaprili, riapri i tuoi occhi e dimmi se almeno per un secondo non ti sei sentito te stesso e non quello che gli altri si aspettano che tu sia.

Dimmi che l’immagine che hai vissuto dentro di te, seppur diversa dalla mia, non ci abbia in qualche modo fatti sentire più leggeri.

Ed ancora una volta no, mio piccolo bambino… il mio zaino non è più pesante di quello che usavo per andare a scuola.

Svetochka

Svetochka

“Ed in quel buio, quasi per caso, trovai una piccola luce, ed in quella piccola luce il riflesso di me stesso.”

Svetochka, in un’altra melodia suonerebbe “piccola luce”, sono qui, sono io.
Il corpo di 20 anni e la mente senza data di nascita o senza una data di fine. Cavalcando metafore e parole sospese, vi guiderò attraverso la mia mente ed i miei occhi, vi mostrerò racconti di persone che ho vissuto e di persone che non ho ancora ascoltato, così ché la parola “fine” non verrà mai pronunciata.

Folklore, nonne con mille caramelle nella borsa in un malridotto autobus con sfondo una vecchia fredda Russia, amori troppo brevi giurati in lingue differenti in scenari movimentati, bambini che corrono su castelli di neve ma con le gambe piantate su una sedia con 4 ruote panoramiche ai suoi piedi, albe respirate sulla cima di una montagna che pochi giorni prima si mostrava come un gigante senza tempo e, soprattutto, lucciole desiderose di illuminare la tua anima.

Svetochka, sono io, sono qui… e tu, bambino, vieni con me?!

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